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Analisi di mercato in 3 semplici passaggi

Analisi di mercato in 3 semplici passaggi

Sei convinto che la tua idea sia così disruptive da diventare la prossima Unicorn Startup – come Airbnb, Stripe, Asana.

Hai già sviluppato il tuo prototipo e sei pronto ad andare in produzione per conquistare milioni di clienti.

Il tuo magazzino è pieno di prodotti favolosi ma non ti capaciti perché nessuno li voglia comprare.

Cosa hanno in comune tutte le situazioni sopra riportate? La necessità di analizzare i trend di crescita del mercato e i principali competitor prima ancora di dedicare tempo e denaro a sviluppare un progetto. Ti dò una brutta notizia: se non l’hai ancora fatto rischi di buttare soldi e tempo in prodotti e servizi che nessuno comprerà mai.

Laura (nome di fantasia, per la tutela della privacy) ha avuto un’interessante idea per un prodotto luxury ma non avendo esperienza nella gestione strategica d’impresa ha contattato Umbria Business Group per un supporto nella scrittura del suo business plan. Abbiamo guidato Laura nelle varie fasi di sviluppo, fornendo consulenza ad integrazione delle sue competenze, in particolare nell’analisi di mercato. 

Qua di seguito trovi una lista dei 3 passaggi necessari che abbiamo seguito con Laura per raccogliere ed analizzare quanti più dati possibile e prendere decisioni corrette e informate. 

  1. Analisi demografica
  2. Dimensione del mercato (volume e valore)
  3. Mercato di riferimento (target market)

Prendi carta e penna, apri Excel o il tool che preferisci e ricordati di annotare i risultati al termine di ogni singolo passaggio.

Analisi demografica

Indifferentemente che si tratti di un business con un negozio fisico oppure online, il primo valore da cercare è il numero e le caratteristiche demografiche della popolazione (se B2B o B2C) e delle aziende (se B2B). Questi dati ti aiuteranno a farti una prima idea del tuo mercato potenziale e delle motivazioni di acquisto, che approfondiremo al punto 3. 

Queste sono le mie fonti per un’analisi demografica:

  • ISTAT banca dati delle statistiche correntemente prodotte dall’Istituto nazionale di statistica
  • Censis attività di ricerca in campo economico e sociale
  • CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche
  • Eurostat ufficio di statistica dell’Unione Europea 
  • World Bank Open Data banca dati di tutti i paesi del mondo
  • ADB Data Library banca dati dell’Asian Development Bank
  • Registro imprese della CCIAA
  • Market Finder di Google analisi di mercato guidata per espansione nei mercati esteri
  • Info Mercati Esteri della Farnesina
  • Camere di commercio internazionali
  • Associazioni di settore

Laura vuole vendere in Italia ed Europa (per iniziare) e ha bisogno di raccogliere i seguenti dati: popolazione femminile (acquirenti dirette o destinatarie di un regalo) e reddito delle persone fisiche IRPEF per comuni (importante per capire quanti possono permettersi un prodotto luxury e dove si trovano). Abbiamo trovato questi dati sul sito dell’ISTAT dove usando le tabelle dinamiche è possibile ottenere risultati più dettagliati in base alle query inserite. Il mio consiglio è di non fermarsi ad un’unica fonte ma di usarne quante più possibile per pertinenza.

Dimensione del mercato

A questo punto sarai sommerso di dati e probabilmente anche abbastanza confuso. Ma non preoccuparti, perché andremo a scremare per definire il volume e il valore del tuo mercato e i trend da tenere d’occhio. 

Le fonti principali sono: 

Anche qua vale la regola di usare quanti più siti possibile per avere una visione più dettagliata.

Laura ha bisogno di dati nel settore luxury ed ha inserito nella barra di ricerca Google le seguenti keywords: “luxury market” – “luxury market trends” – “personal luxury goods” – ““luxury market reports” – “fashion luxury market analysis”. Sono emerse diverse ricerche di mercato già “confezionate” che hanno guidato Laura nel definire con più precisione il mercato di interesse. 

Abbiamo annotato i seguenti numeri: valore complessivo del mercato in euro, CAGR (tasso composto di crescita annuale del mercato), margine medio EBIDTA, fatturato delle aziende top italiane. Dove gli indici non erano già disponibili, li abbiamo calcolati. 

Facendo delle ipotesi ragionate abbiamo stimato la dimensione e il valore del mercato del luxury TAM, SAM e SOM per il prodotto di Laura:

  • TAM 10% (percentuale stimata di affluent in target per età, sesso e interesse nel prodotto) del Personal Luxury Goods Market = 26 miliardi di euro
  • SAM 38% (percentuale delle vendite luxury che avvengono  in EU) del TAM = 10 miliardi di euro
  • SOM 1% (quota di mercato che potrebbe essere verosimilmente interessata al prodotto di Laura) del SAM = 100 milioni di euro

Questi primi dati devono farci riflettere e capire se effettivamente valga la pena fare un investimento per un mercato del valore di 100 milioni di euro. Se siamo una PMI e sviluppare il nostro prodotto / servizio e promuoverlo ha costi contenuti probabilmente sì, se invece i costi sono elevati ma non vogliamo rinunciare al nostro prodotto, la strada potrebbe essere quella di fare la prima fase di sviluppo e vendere poi il brevetto ad aziende già consolidate sul mercato.

Mercato di riferimento (target market)

Veniamo ora ad analizzare il mercato di riferimento. La parola d’ordine è segmentare: a chi voglio comunicare il mio prodotto / servizio, quali esatte caratteristiche ha, dove vive, cosa fa, quali sono i suoi bisogni. Ci serviranno tutte le informazioni qualitative e quantitative raccolte precedentemente. 

Dai report scaricati al punto 2 sappiamo che il consumatore del lusso che Laura vuole identificare presenta le seguenti caratteristiche: 

  • la composizione demografica è 33% Gen X, 33% Millennials, 8% Gen Z
  • la nazionalità più rappresentata è quella cinese con il 36%, a seguire Nord America al 21% ed Europa al 17%
  • il 40% circa dei clienti è composto da turisti, ovvero da persone che acquistano in occasione di viaggi all’estero 
  • nel 2017 il canale online contava per il 9% delle vendite, con un trend in decisa crescita fino a raggiungere un quinto delle vendite nel 2025
  • l’80% delle decisioni di acquisto matura online e la ricerca su mobile è ben 4 volte quella da desktop
  • un dato non trascurabile è rappresentato dalla spesa maschile nel mercato del lusso, un 30% di tale spesa è destinato ad essere regalato

Abbiamo un buon punto di partenza, armiamoci di post-it e pennarelli si comincia con il brainstorming. Entra ora in gioco un altro strumento, di cui probabilmente avrai sentito parlare: il Value Proposition Canvas, che ti aiuta a mettere a confronto il tuo cliente ideale e il tuo prodotto. Il Value Proposition Canvas, come si evince dal nome, è un tool che guida l’imprenditore nel descrivere la propria Value Proposition e nel valutare se c’è un “fit” tra il valore offerto e il segmento di clientela identificato. In pratica si identificano i bisogni, le difficoltà incontrate e i vantaggi del cliente e in modalità speculare si cerca di fornire soluzioni con il proprio prodotto o servizio. Questo video introduttivo di Strategyzer spiega molto bene la sua importanza:

Terminato il lavoro del canvas, possiamo finalmente creare un avatar del cliente ideale o buyer persona di Laura. Un tool interattivo che ti suggerisco di usare è Hubspot Make My Persona: tramite una serie di domande ti aiuta a definire con estrema precisione le caratteristiche demografiche, lavorative, obiettivi, difficoltà, modalità di comunicazione e presenza sui social media dei potenziali clienti. Questo è particolarmente importante non solo per lo sviluppo di un prodotto / servizio che soddisfi i bisogni del cliente, ma anche per la strategia di comunicazione che dovremo poi elaborare. 

Ora hai tutte le informazioni necessarie per procedere all’analisi del tuo mercato. Ricordati di seguire tutti i passaggi e di non saltarne nemmeno uno. In seguito, dopo che avrai preso confidenza con i vari tools, vedrai che otterrai risultati sempre più precisi che ti aiuteranno ad identificare la tua nicchia di riferimento. 

Questo è il secondo articolo di una serie nel nostro blog, l’episodio precedente era intitolato “Consulenza aziendale: breve guida per imprenditori“. Nel prossimo articolo parleremo di analisi della competizione, barriere all’ingresso e regolamentazioni per l’accesso ai mercati.

Se come Laura anche tu vuoi un supporto per la stesura del tuo business plan, iscriviti alla nostra newsletter per essere aggiornato sulle prossime uscite del blog e sulle nostre attività.

Consulenza aziendale: breve guida per imprenditori

Consulenza aziendale: breve guida per imprenditori

La tua azienda ha più di 20 anni?

Hai difficoltà a trovare nuovi clienti nonostante ti sembri di passare tutte le ore lavorative sui social media?

Pensi che i tuoi collaboratori potrebbero lavorare in maniera più efficace ma non sai come organizzarli?

C’è un clima pesante e poco collaborativo?

Pensi che rivolgersi ad una società di consulenza siano soldi buttati? In fondo il commercialista è il mio migliore amico ed è esperto di tutto, no?

Se hai risposto di sì ad almeno una delle precedenti domande, congratulazioni, sei nella stessa situazione di migliaia di altre imprese italiane. Ma non preoccuparti, se sei disposto a metterti in gioco, c’è ancora speranza di salvare la tua azienda!

Molti imprenditori, soprattutto quelli che non hanno avuto una formazione manageriale ma hanno appreso sul campo (con lacrime e sangue, direbbe mio padre), sono altamente resistenti all’idea di avere degli sconosciuti all’interno della loro azienda ad evidenziare i propri errori di gestione.

Eppure la crescente complessità del mondo in cui viviamo pone sempre nuove sfide e pochi sono attrezzati per fronteggiarle: tecnologie sempre più impegnative, modelli gerarchici in crisi, internazionalizzazione, apertura di nuovi mercati, emersione e scomparsa di bisogni da parte dei consumatori, difficoltà nel reperire finanziamenti, solo per citarne alcuni.

Ti dirò di più, nessun cambiamento in azienda può avvenire senza un forte sostegno di tutto il management team che non sia però solo a parole, ma calato nella realtà operativa. Perché se è facile dire “io promuovo questo progetto”, la vera prova è nella quotidianità, quando si deve decidere quale dipendente distogliere dalle sue abituali mansioni per impiegarlo, a discapito di queste ultime, in tale ruolo. 

E qui sta il dilemma: dare priorità ai progetti preesistenti che fanno cassa o ai cambiamenti di medio e lungo termine per i quali i benefici saranno visibili – se ci saranno – solo mesi se non anni dopo l’investimento iniziale?

Ti dò un indizio: nel business non esistono una risposta giusta e una sbagliata, perché il processo decisionale prende in considerazione diversi fattori, la maggior parte dei quali non è nemmeno influenzabile da noi. Quello che però posso affermare con certezza è che chi si ferma è perduto. 

Se non sei ancora convinto della necessità di agire ora, leggi cosa è successo a Marco (nome di fantasia, per la tutela della privacy), un imprenditore come te, che aveva riscontrato dei problemi di scarsa performance e spese incontrollabili in azienda ma non riusciva a trovarne le cause.

Marco ha una media impresa, fondata 15 anni fa, con circa 50 dipendenti, di cui un terzo impiegati e i due terzi operai. Nell’ultimo anno, con l’ingresso di un paio di nuovi collaboratori il flusso di lavoro che prima sembrava scorrere senza particolari difficoltà si blocca inaspettatamente, se ci sono problemi non vengono affrontati sul nascere ma nascosti, gli acquisti sono spesso fuori budget o gli ordini sono effettuati senza prima avere tutte le autorizzazioni necessarie. Ma cosa è successo? Eppure Marco ha assunto nuove persone con l’intento di alleggerire e ridistribuire il carico di lavoro ed essere più efficienti!  

Ti ritrovi nella situazione di Marco? Ti stai chiedendo cosa è successo? 

Marco purtroppo è incappato in un errore di “ingenuità”: ha inserito due nuovi dipendenti in un ambiente non formalizzato pensando che si sarebbero integrati senza necessità di nessun intervento da parte sua. Ma non solo. Analizzando i processi ci siamo accorti che il livello di digitalizzazione è basso, sono in uso il pacchetto Office e un gestionale sviluppato su misura da un informatico, che deve intervenire ogni volta ci siano errori da parte degli utenti. Le interfacce della contabilità, acquisti e magazzino non comunicano tra di loro e il lavoro manuale richiesto per sincronizzarle è elevato. Parlando con il personale emergono una profonda insoddisfazione, poca collaborazione e una comunicazione assente. Non ci sono job description e procedure da seguire. I dipendenti sono entrati senza un ruolo ben definito negli anni precedenti e nel tempo si sono occupati un po’ di tutto al bisogno, con difficoltà di definire le responsabilità. Questo ha portato a sovrapposizioni, duplicazioni o in casi estremi all’avere attività orfane perché di competenza di nessuno. 

Vuoi sapere come Marco ha risolto i suoi problemi? 

Marco ha capito che da solo non sarebbe riuscito a farcela perché non poteva seguire sia il business sia la riorganizzazione aziendale. Inoltre il fatto di essere “dentro” all’azienda non gli avrebbe permesso di essere obiettivo ed efficace. Tuttavia sapeva che doveva agire quanto prima per evitare che la situazione diventasse esplosiva in ufficio. 

L’approccio sistemico richiesto per affrontare tutto ciò prevede una serie di competenze che non è facile reperire sul mercato, tantomeno pensare che basti qualche corso di formazione generico (nei pochi casi in cui vengono seguiti) per portare i dipendenti ad un livello minimo tale da poter riconoscere le difficoltà del business e trovare soluzioni idonee e su misura.

Un serio ostacolo nei grandi cambiamenti aziendali è proprio il fatto di essere parte dell’organizzazione: quando si è inseriti in una gerarchia, indifferentemente dal livello, agire come elemento del cambiamento vorrebbe dire svincolarsi da tali legami e assumere poteri che non sono quelli della posizione originale. Come tutti i dipendenti sanno bene, si tratta di pura utopia. 

Una serie di colloqui e interviste ci ha permesso di identificare i bisogni (espressi e non), di raccogliere le richieste del management e definire quali aree fossero critiche. Abbiamo poi preparato un report as is / to be, dove abbiamo confrontato la situazione attuale con quella ideale futura. 

A Marco abbiamo consigliato di lavorare su più aree:

  • Organizzazione, con la mappatura dei flussi di lavoro e delle procedure
  • Risorse Umane, con il disegno di un organigramma, job descriptions e ruoli
  • Tecnologia, con l’inserimento di ERP a sostituzione del vecchio gestionale presente e per le aree non ancora coperte
  • Formazione, con la creazione di corsi ad hoc per le necessità aziendali
  • Relazione, con il counseling aziendale ed il coaching
  • Comunicazione, con l’inserimento di strumenti collaborativi

D’accordo con Marco abbiamo steso un piano d’azione per il quale abbiamo agito come project manager, coordinando gli altri fornitori nel rispetto degli obiettivi strategici identificati. C’è stata una forte resistenza iniziale da parte dei dipendenti, ma avendo considerato in anticipo le azioni necessarie di change management dopo soli tre mesi Marco ha potuto vedere i primi risultati di performance e finanziari. Quando si avvia un processo di cambiamento profondo bisogna considerare che mentre alcune attività hanno una durata definita e pianificabile, altre sono attività di miglioramento continuativo o che devono essere ripetute con una certa frequenza.  

Selvaggia Fagioli

Se come Marco anche tu vuoi fare qualcosa per cambiare la tua situazione, iscriviti alla nostra newsletter per essere aggiornato sulle prossime uscite del blog e sulle nostre attività.

Abbiamo pensato ad una serie di post nei quali affronteremo alcune tecniche di strategia e ti forniremo consigli pratici su come applicarli efficacemente in azienda. Ma non solo, per tutti coloro che hanno un’idea o una startup, ci saranno consigli utili nati dalla nostra esperienza diretta. 

Negli articoli successivi affronteremo i seguenti argomenti:

  • Business Model
  • Analisi di mercato
  • Analisi della competizione
  • Analisi interna
  • Strategie ICT per aumentare la competitività
  • Strategie di promozione e scelta dei canali di vendita
  • Il processo di idea e sviluppo lean
  • La comunicazione efficace mediante il processo di counseling aziendale
  • Opportunità di internazionalizzazione
  • E tanti altri!