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UBG si riorganizza alla luce del coronavirus

UBG si riorganizza alla luce del coronavirus

Gentili soci e simpatizzanti,

Conoscete già la situazione nazionale causata dal #coronavirus e tutte le limitazioni che comporta. Noi non facciamo certo eccezione, avevamo a suo tempo pianificato il consueto calendario degli eventi per questi primi mesi del 2020 ma l’evolversi degli eventi ci ha costretto a rimandarli a data da destinarsi. Con questo vogliamo però precisare che le attività di UBG non si fermano, continuano online tramite i nostri social, il sito, e la nostra reperibilità tramite i soliti contatti per seguire le vostre esigenze, agevolare lo smart working e guardare al momento in cui questa emergenza sarà rientrata e tutte le attività, le nostre incluse, torneranno alla normalità.

Restiamo a casa, ma attivi e fiduciosi.

A presto,
Selvaggia e Fabrizio

Il netWORKing efficace

Il netWORKing efficace

Tutti hanno letto o sentito parlare del potere delle attività di networking: migliori opportunità di lavoro ed espansione della propria cerchia professionale i due maggiori benefici. Iniziare sembra facile: stampa i tuoi biglietti da visita, unisciti a un’associazione professionale e crea il tuo account LinkedIn. Ma è davvero sufficiente?

Il take-away a maggior valore aggiunto per me al termine dei due anni di frequenza del corso Executive MBA al MIP-Politecnico di Milano è stata proprio la rete di contatti utili e lo scambio di esperienze durante le attività di gruppo di preparazione agli esami.

Nella video intervista a Fabrizio Longo e Roberto Stefanini, i fondatori di myfoglio (articolo completo qui) raccontano come il networking sia stata per loro fonte di ispirazione anche nel business model del loro progetto.

Ma non sono solo le università a creare servizi per gli alumni, molte grandi aziende internazionali investono sul prestigio di annoverare personaggi famosi tra i propri ex-dipendenti – mentre in Italia chi lascia l’azienda per altri lidi viene visto alla stregua di un traditore, solo per citare qualche nome: McKinsey & Company, KPMG, Swiss Re e DLA Piper.

NetWORKing contiene al suo interno la parola WORK (dall’inglese Net: rete + Work: lavoro + suffisso -ing a indicare che si tratta di un’azione continuativa). Questo per sottolineare il fatto che vedrai risultati solo se sei pronto a compiere sforzi. Ahimè, il networking è un impegno continuo e va pianificato con metodo, altrimenti non porta nessun vantaggio, ma solo frustrazione.

Di seguito i nostri consigli su come migliorare le tue capacità di fare networking e raggiungere risultati:

  1. È fondamentale porsi degli obiettivi e aderirvi. Che tipo di contatto ci serve? Cliente, fornitore, business partner? In quali settori? Cosa cerchiamo nella relazione? Solo dopo aver definito la nostra strategia possiamo passare alla seconda fase, il contatto con i nostri target.
  2. Scegli uno o più eventi di settore che ti permettono di incontrare persone legate ai tuoi obiettivi: fiere, hackaton, conferenze, etc, e verifica in anticipo chi saranno gli speaker, relatori e le aziende partecipanti.
  3. Arriva preparato: raccogli informazioni sull’evento, prepara per bene il tuo pitch (chi sei, cosa fai, perché sei a quel determinato evento, quali sono le tue passioni, ecc.) e leggi molto per restare costantemente aggiornato (no, l’ignoranza non è un buon biglietto da visita).
  4. Concentrati sugli altri e dimenticati delle tue insicurezze. Vai agli eventi con un amico per superare l’imbarazzo. Inizia col parlare con chi è da solo. C’è qualche novizio che è desideroso di conoscere gli altri? Puoi mettere in contatto tra di loro alcuni dei partecipanti? Identifica possibili opportunità e agisci, non attendere che gli altri vengano da te.
  5. Non utilizzare gli eventi di networking come opportunità di vendita. Non fare pressioni sui nuovi contatti all’evento o nelle tue comunicazioni di follow-up, a meno che non sia espressamente richiesto dal nuovo contatto.
  6. Esci dalla tua comfort zone. Partecipare a una conferenza o a un evento di networking risulterà inutile se interagirai solo con chi già conosci bene. Mettiti come obiettivo di incontrare almeno 10 persone a ogni evento.
  7. Fatichi a ricordare i nomi? Non c’è cosa peggiore, non ci fa fare una bella figura e fa sentire gli altri di poco valore. Prendi qualche nota a seguito dell’incontro o in un taccuino o sul retro dei biglietti da visita. Scrivi qualche appunto come: capelli castani con barba, lavora a Milano, frequentato stessa università, vuole connettersi in LinkedIn.
  8. Dopo esserti presentato, come rimanere in contatto? Il follow-up è indispensabile, entro le successive 24-48 ore al massimo. Per mantenere la relazione viva dobbiamo ricordarci inoltre di contattare le persone nella nostra rete ogni 6-12 mesi, inviando un’e-mail o un messaggio tramite i social media, anche solo per sapere come va. Puoi rendere il tuo messaggio ancora più gradito includendo un link a un articolo che potrebbe essere di interesse, un invito a un evento professionale o un contatto importante.
  9. Utilizza i social media in maniera efficace. Nessuno vuole essere in contatto con chi invia tweet o messaggi senza contraccambiare. Commenta i post degli altri, rispondi alle loro domande e contribuisci con la tua opinioni negli argomenti di tua competenza. Gli altri apprezzeranno il tuo input e saranno più coinvolti.
  10. Utilizza parole chiave nel tuo blog, sito web e canali social, affinché gli addetti ai lavori possano trovarti. Ad esempio, chi lavora nell’IT può approfittare degli hashtag di Twitter, utilizzandoli nella propria biografia: Marco vive a Roma, lavora nel #management #IT, adora andare in bici. Il suo profilo sarà disponibile a tutti quelli che cercheranno tramite le parole chiave ‘IT’ e ‘management’.

Ci sono dei comportamenti che vanno assolutamente evitati, perché rischiamo di non essere considerati interessanti dagli altri interlocutori e ci fanno perdere interessanti opportunità:

  1. Prendere e non dare: costruisci delle relazioni solide, focalizzando su ciò che puoi offrire ai tuoi contatti e non su cosa ricevere da loro.
  2. Parlarsi addosso: non rovinare le tue relazioni annoiando i partecipanti con i tuoi problemi di lavoro. Focalizza su come puoi aiutare gli altri e tieni fuori dal discorso i tuoi bisogni in queste occasioni. Quando vi conoscerete meglio, lentamente potrai introdurre maggiori informazioni personali nei discorsi.
  3. Focalizzare sulla quantità e non sulla qualità: non dare i tuoi biglietti da visita a chiunque incontri. Valuta chi è un contatto utile e presentati.
  4. Pensare che i social media faranno la maggior parte del lavoro: i social media sono strumenti, se non interagisci con nessuno, non aspettarti delle connessioni.
  5. Porsi degli obiettivi troppo alti: se il tuo obiettivo è incontrare il CEO di una grande azienda, benissimo, ma se non hai niente da offrirgli, il contatto non andrà a buon fine. Non sottovalutare i profili intermedi o più in basso nella scala gerarchica. Potrebbero essere di eguale valore e più accessibili.

 

Se desideri altri consigli contattaci pure, siamo a tua disposizione per aiutarti a personalizzare la tua strategia di networking. Umbria Business Group organizza diversi tipi di eventi per facilitare il networking professionale (aperitivi, workshop, training). Il nostro obiettivo è facilitare lo scambio di conoscenze e competenze e far incontrare le aziende del territorio con i professionisti facenti parte della nostra associazione in modo da soddisfarne i continui bisogni in termini di aggiornamenti e competitività.

Le sfide dell’Industria 4.0 per lo sviluppo armonico della PMI

Le sfide dell’Industria 4.0 per lo sviluppo armonico della PMI

L’industria 4.0, l’Internet of Things (IoT), l’intelligenza artificiale, il cloud computing e più in generale la digital transformation sono fattori che stanno cambiando enormemente il modo di fare impresa.

Non si tratta dell’implementazione di nuovi sistemi, di nuove tecnologie o di digitalizzare qualche processo ma di un cambiamento radicale che impatta inevitabilmente sul modo di pensare: una rivoluzione dirompente che riguarda le aziende di ogni settore e in ogni fase del proprio Ciclo di Vita. Alla base di questa trasformazione ci sono i dati: la loro raccolta, la loro gestione e la loro analisi (data driven). La sfida è inevitabile, l’impresa non può affrontare questo passaggio epocale se non attraverso l’adozione di modelli manageriali con un cambio di passo in termini culturali e organizzativi che impattano in maniera multidisciplinare su tutta l’azienda. La trasformazione digitale, passa dunque per la creazione di una cultura aziendale che percepisca i dati come una risorsa strategica che alimenta ogni fase del processo decisionale. I livelli di competitività dell’impresa sono tanto più elevati quanto maggiore è il suo grado di flessibilità e adattabilità al contesto in cui opera. La sua capacità di risposta in termini di produttività ed efficienza, è strettamente legata alla capacità di innovare e pianificare le proprie strategie in modo puntuale, analitico attraverso l’innesto di una gestione razionale del dato.

La raccolta, la gestione e l’analisi dei dati sono attività divenute necessarie per lo sviluppo dell’impresa tanto che l’approccio data driven risulta indispensabile per prendere decisioni e creare strategie. Non possiamo più permetterci di snobbare l’enorme mole di dati disponibili basando le politiche aziendali sull’intuito, formulando scelte “di pancia” o andando, come si dice, “a naso”. I processi di business governance, in ogni ambito della vita aziendale, devono essere supportati da un approccio analitico basato sui dati e sull’impiego di adeguati modelli di analisi.

Un approccio manageriale data driven implica una struttura organizzativa all’interno della quale si sviluppino da un lato, le condizioni per favorire una sensibilità verso l’importanza strategica del dato, e dall’altro, si integrino ai processi operativi già informatizzati, quelli di Data Quality, Data Integration e Data Governance. L’attenzione va riposta all’intero ciclo di vita del dato: deve essere affidabile, accurato e pronto per gli scopi previsti. La qualità dei dati è un elemento imprescindibile per aumentarne l’efficacia nei processi aziendali.

L’integrazione dei dati permette di combinare e unire informazioni provenienti da sistemi diversi, ottenendo una vista di sintesi (sistemica) dei fenomeni analizzati immediata e coerente con le esigenze aziendali. È come realizzare un puzzle a partire da singoli pezzi provenienti da scatole diverse. Tutti i dati rilevanti e strategici devono essere gestiti formalmente a livello enterprise: le strategie di gestione dei dati devono allinearsi alle strategie aziendali coinvolgendo risorse, processi e tecnologie di impiego del dato.

Il patrimonio informativo aziendale deve essere valorizzato trasformandolo in un vero e proprio asset strutturale. L’implementazione di logiche di processo di gestione del dato, in grado di canalizzare correttamente i flussi informativi, le adeguate competenze di analisi e impiego dei dati, unitamente ad opportuni strumenti tecnologici rappresentano il mix di componenti che occorre gradualmente introdurre all’interno dell’impresa.

Applicare il Data Driven Management, in sintesi, significa mettere l’impresa nelle condizioni di aprirsi a nuove opportunità di business, accogliendo strumenti e metodologie operative in grado di sviluppare nuovi prodotti e nuovi servizi, di migliorare l’efficienza operativa ottimizzando i costi e il processo decisionale attraverso l’impiego di modelli di analytics. Grazie al supporto di avanzati modelli di analisi, l’impresa è in grado di scoprire le tendenze del mercato, conoscere in anticipo trend e decifrare il comportamento dei consumatori. Segmentazione analitica della domanda, definizioni di campagne di marketing mirate, strategie di up selling e cross selling sono solo alcune delle possibilità innescate dai processi di data analysis.

La cultura del data driven management resta di fatto l’elemento portante del processo di cambiamento delle imprese, senza il quale difficilmente si riuscirà ad innescare processi di innovazione tali da garantire agilità e flessibilità di business necessari per rimanere competitivi negli attuali contesti di mercato. Le tecnologie sono abilitanti, i dati sono la materia prima e i modelli di analisi sono lo strumento, ma è alle persone che è affidata l’azione: se essa non è guidata dalle analisi allora nessun dato è in grado di condurre ad un beneficio, nonostante le avanzate e innovative tecnologie disponibili.

In definitiva, solo attraverso decisioni basate sui dati, possono raggiungersi in modo continuativo obiettivi di crescita.

Articolo di Fabrizio Galeazzi e Francesco Stefani

CORM Calling: una buona semina per una buona fioritura!

CORM Calling: una buona semina per una buona fioritura!

Pubblichiamo con piacere un post di Omar Schiavoni, Business Development Executive presso Training Express e membro del team Umbria Business Group.

Vi starete chiedendo cosa abbiano in comune i bulbi (corms in inglese) come gladioli, fresie, iris, ecc., con il business development e le attività al telefono!

 CORM è un portmanteau stravagante e può sembrare leggermente ingannevole, ma lo trovo utile per parlare delle tattiche di COld e waRM calling e della loro armonizzazione. Come per la coltivazione dei fiori in giardino, il corm calling richiede anch’esso cura per i particolari, pazienza e una buona dose di fortuna.

Cold vs. Warm

Conosciamo tutti queste espressioni, ma ricapitoliamole di seguito:

  • cold calling è l’attività di vendita telefonica a potenziali clienti con cui non si è mai entrati in contatto precedentemente
  • warm calling è l’attività di vendita telefonica preceduta da qualsiasi tipo di contatto col potenziale cliente o prospect.

I numeri ci aiutano a definire meglio l’impatto dei due metodi: le attività di cold calling generano una media di buon esito del 2%, mentre quelle di warm calling raggiungono una media del 30%. Evidentemente, le campagne SEO/SEM/DEM, gli eventi e le conoscenze lavorano in maniera proficua per i nostri obiettivi, se paragonate alla fredda (cold) ricerca di aghi nel pagliaio.

Ma ciò significa che dovremmo smettere di chiamare prospect con cui attualmente non abbiamo avuto nessun tipo di contatto?

Ogni professionista della vendita deve ammettere che sono state le attività di cold calling a dare inizio alla propria carriera. Chiamando “a freddo” ci siamo messi alla prova e, probabilmente, abbiamo migliorato le nostre abilità di vendita. Alzare la cornetta e presentarsi in maniera diretta, riga dopo riga della nostra lista di prospect, ci ha permesso di fare esperienza e accrescere le nostre capacità per “conquistare quel centralino”, riuscendo a parlare con qualcuno dei piani alti. Ciò ha richiesto tenacia, prontezza, devozione agli obiettivi e astuzia. Una sorta di pozione magica impossibile da preparare senza studio, formazione e talento.

Interessante, a tal proposito, il sondaggio effettuato da DiscoverOrg secondo cui il 60% di un campione di 1.000 dirigenti nel settore dell’Information Technology ha fissato un appuntamento o ha partecipato a un evento a seguito di una chiamata inattesa o un’e-mail non richiesta.

Quindi, risulta utile la dicotomia cold vs. warm?

Ciò che rende una chiamata “gradita” (warm) è, in realtà, il fatto che il destinatario sia stato avvisato o in attesa di riceverla. Se non siamo nella sua agenda, considererei la chiamata un’attività di cold calling.

In qualsiasi modo, il mio consiglio è di non perdere tempo a tenere conto se le nostre attività sono di cold o warm calling. Basta renderle il più gradite possibile! Fare del nostro meglio per permettere che ogni chiamata “fiorisca”.

Pensate che il destinatario si ponga la domanda? Se stia ricevendo una chiamata cold o warm?

Non potrebbe, invece, la reputazione delle due attività essere condizionata dal comfort provato dal commerciale nel chiamare in una situazione o nell’altra?

Infine, considerate ancora chiamare senza alcun contatto precedente la maniera più “fredda” di connettersi coi referenti, avendo così tante informazioni disponibili online su di loro?

Personalmente, ho sperimentato esiti negativi da referenti che conoscevo da anni e, invece, super-positivi da parte di compagnie di prima grandezza con le quali non sarei mai potuto entrare in contatto se non chiamando “a freddo” in prima istanza.

Anche se la SEO e le attività di PPC hanno un costo inferiore di acquisizione di nuovi clienti, non risultano efficaci per contattare i grandi nomi del panorama economico mondiale. Costi bassi di acquisizione, di solito, significano opportunità di piccola entità economica.

È chiaro che le aziende non possono basare le proprie strategie esclusivamente sull’inbound marketing. Rischierebbero così di non raggiungere le opportunità più interessanti nel mercato. Combinando, invece, le due categorie di attività (inbound e outbound), i sistemi di informatizzazione dei processi relativi al marketing possono tornare particolarmente utili nel fornire ai commerciali dati per identificare prospect interessati ai prodotti e servizi dell’azienda per cui lavorano, ma non coperti dalle attività nel web. È di certo utile, ma non ci libera dallo sforzo di contattare attivamente, tramite e-mail, social media o… CHIAMANDO!

Mettiamo le parole in azione: CORM up a call!

Se chiamare direttamente ti rende ansioso o se stai cercando di migliorare il tuo modo di chiamare, prendi in considerazione questi semplici passaggi:

PREPARAZIONE:

  • Qual è l’obiettivo? Concentrati su di esso! Qual è l’azione che vuole scatenare nel destinatario la tua chiamata?
  • Qual è il giusto target? Crea liste suddivise per, ma non solo, settore e fatturato aziendale.
  • Chi è il referente per il servizio o prodotto che proponi? Comincia a scavare sotto ai tuoi piedi o se non vuoi sporcarti le mani, controlla nel web! Ciò ti permette di individuare le loro possibili necessità e, anticipandoli, fornire delle soluzioni ad hoc. Questo è il modo migliore per colpire l’attenzione e far sì che il messaggio rimanga nelle loro menti.

AZIONE:

  • Come presentarti? In maniera chiara, sincera e rispettosa. Non sei la prima persona che chiama per vendere e stai, inoltre, occupando il loro tempo, perfino quello del centralinista.
  • Aggiorna la tua lista mentre stai chiamando. Il tuo interlocutore potrebbe fornirti informazioni che non avresti mai potuto trovare online. Chiedi! Potrebbero illuminare la via ai referenti cruciali per il tuo servizio/prodotto e permetterti di utilizzare il loro nome come referenza.
  • Come andare avanti nella chiamata? Dovresti essere pronto a rispondere in maniera dettagliata rispetto ai servizi che offri! Fornisci dei casi pratici in cui la tua azienda ha trovato delle soluzioni ad hoc per quel settore e quella richiesta specifica. Metti il piede nella porta più che puoi.
  • Non è il momento adatto per parlare? Chiedi un momento migliore in cui chiamare.
  • Non mollare! Rispetta la loro gentilezza, ma sii perseverante allo stesso tempo. Potrebbero occorrere anche 4 chiamate prima di chiudere la prima vendita.

Di nuovo, ciò che conta non è se la chiamata è warm o cold. Ogni contatto è un’opportunità. La chiave di tutto è avere un obiettivo, selezionare il target di riferimento e trovare un approccio che ti permetta di rendere la chiamata più piacevole possibile.

Good Luck!

 

Immagine: Iris di Vincent van Gogh

Omar Schiavoni è Business Development Executive presso Training Express. Ha esperienza nella gestione di clienti di media/grande dimensione nel settore dell’Educational Technology, Localization&Translations e Digital Marketing. Ha lavorato in diversi settori incluso il medicale, legale/finanziario, vendite/marketing, editoria e tecnico. Ha una laurea in Comunicazione Internazionale e un Master in Project Management.

Design thinking per modellare il futuro senza temere il cambiamento

Design thinking per modellare il futuro senza temere il cambiamento

Pubblichiamo con piacere un guest post di Puntodock, che terrà un workshop sul Design Thinking per noi giovedì 23 marzo.

Il 70 % dei membri dello staff di grandi aziende italiane dichiara di ottenere risultati migliori quando lavora in team.

L’ 80 % dei dirigenti di grandi aziende internazionali sostengono che le due principali linee di sviluppo per il management futuro saranno design organizzativo per ripensare le imprese a misura di team di lavoro, e design thinking, per riprogettare il lavoro a misura di team collaborativi.

Stando a questi dati e a quanto ci sentiamo ripetere da anni a più voci e a più riprese, possiamo affermare senza dubbio che la contemporaneità impone a tutti  di essere attenti alle novità e di sapersi costantemente adattare al cambiamento.

Perché allora la maggior parte di noi ha così paura di ciò che è nuovo?
Ce lo spiega Roger L. Martin in un articolo dal titolo Use design thinking to build commitment to a new idea il quale sostiene che la cultura moderna ci impone di credere a qualcosa solo quando siamo razionalmente convinti dalla sua logica ed abbiamo, in aggiunta, dati che ci diano evidenze empiriche.

Le nuove idee  però, per definizione , non hanno dati che ne confermino la validità. Del resto, anche se ci fosse disponibilità di dati, poco potremmo dire su come andranno le cose: le prove analitiche tengono in grande considerazione il passato, ma danno poca o nulla attenzione al futuro il quale, proprio come detto sopra, sarà verosimilmente molto diverso dal passato.
Questa predilezione verso l’analisi del passato spesso si trasforma in un atteggiamento conservativo che sceglie di “sfruttare” quello che ha dato prova di funzionare piuttosto che “esplorare” quello che in futuro funzionerà.
Quindi, non potendo fare affidamento sui dati, per convincere le nuove idee dobbiamo allora contare su altri due elementi: la logica e le emozioni.
Citando il caso studio dello sviluppo di un nuovo prodotto da parte di un’azienda del settore finanziario, Martin descrive come il design thinking fornisca gli strumenti giusti per sviluppare un progetto radicalmente nuovo che sia in grado di convincere chi è chiamato ad attuarlo.

La mancanza di dati sul prodotto, infatti, può essere sopperita da un percorso logico che parte da una solida comprensione dei bisogni e delle preferenze del cliente: le tecniche del design ci consentono infatti di adottare un approccio collaborativo, customer-centric e iterativo, immaginando le storie degli utilizzatori per prototipare, testare e migliorare versioni via via più evolute del prodotto.

In contemporanea i nuovi prodotti devono essere anche “raccontati” dentro all’organizzazione, allo scopo di convincere e motivare le persone: chi è chiamato a sviluppare qualcosa di nuovo lo fa meglio se crede nel progetto e nei vantaggi che questo sarà in grado di produrre.
Un buon modo per raggiungere questo risultato è quello di creare un contatto diretto tra chi si occupa dello sviluppo e gli utenti che vengono coinvolti nella realizzazione dei prototipi di modo che i primi possano percepire le reazioni che questi hanno quando entrano in contatto con il loro lavoro.

Il successo nel convincere lo staff a credere nelle nuove idee”, conclude il manager protagonista del caso studio, “viene da una combinazione rigorosa delle informazioni provenienti dai piani di business con quelle provenienti dai prototipi”. In questo modo, grazie ai prototipi e con l’avanzare dei test, l’organizzazione è in grado di collezionare nuovi dati che le saranno utili per prevedere come si comporteranno i clienti quando il prodotto andrà sul mercato e a non avere paura di fare un salto nel buio (che poi tanto buio non sarà più).
Andiamo dunque verso un futuro in cui le aziende saranno “network di network” nei quali il valore degli individui sarà sempre di più funzione della loro capacità di interagire e di lavorare in simbiosi con gli altri. Bisognerà costruire squadre perché non basteranno più un insieme di talenti slegati tra loro. Per questo, già a partire da oggi, diventa più che mai necessario trasferire ai team di lavoro competenze trasversali e metodologie necessarie alla collaborazione. Ma non basta questo.

Perché non c’è collaborazione senza organizzazione, e non ci sono organizzazioni senza persone. Nessuno, infatti, conosce l’azienda meglio di chi ne fa parte. Collaborare allora significherà sempre più mettere in condivisione le informazioni, analizzare la realtà e progettare il futuro.

#UBG Social Media Analysis

#UBG Social Media Analysis

Nell’ultimo mese abbiamo analizzato l’andamento dei nostri canali social, per capire qual è il nostro pubblico e cosa si aspetta da noi. Ne sono emerse due analisi profondamente diverse come impostazione ma che ci hanno sorpreso con risultati niente affatto scontati.

Il sondaggio sull’uso dei social media, rivolto ai membri del gruppo Linkedin, conferma che la maggior parte degli utenti accede ai social media tramite smartphone (80%). E, se fino a qualche tempo fa i social media erano dedicati esclusivamente alla vita privata, con una netta separazione da quella lavorativa, oggi il confine tende a scomparire. Non stupisce quindi che per la maggior parte dei professionisti, i social media siano anche la fonte principale delle informazioni (con tanta pace della certezza delle fonti!).

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