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All’evento di venerdì al Cult di Perugia dedicato al podcast nella comunicazione aziendale Giada Cipolletta e Carlos Bellini ci hanno raccontato la loro esperienza con il podcast in Italia e come questo canale funzioni per chi voglia fare business. Un media di cui alcuni partecipanti avevano già esperienza di ascolto, mentre altri erano totalmente digiuni. Il termine nasce come contrazione da pod (forse da Ipod) e [broad]cast (trasmettere). Si tratta quindi di una trasmissione audio simile a quella della radio che però non avviene in diretta. Nasce nel 2004 negli USA e molte testate giornalistiche hanno approfittato della sua comodità nella diffusione di notizie durante il pendolarismo quotidiano. Dall’informazione si è passato all’intrattenimento fino ai veri e propri sceneggiati. La community italiana dei podcaster invece è ancora indietro rispetto allo scenario americano, ed è proprio questo il momento di approfittarne, prima che il mercato si saturi.

La diffusione dei podcast è agevolata anche dagli smart speakers: Le funzioni di interazione e ricerca vocale di Echo di Amazon o Google Home rendono spontaneo richiedere trasmissioni audio. Il vantaggio è che non essendoci un video da seguire, si possono ascoltare anche mentre si lavora da casa, si sbrigano faccende domestiche oppure si è in auto o sui mezzi pubblici. La ricerca vocale sta prendendo sempre più piede, la voce sta prendendo centralità anche nella vita quotidiana. Pensate ad Amazon Audible: il libro non si legge più ma si ascolta. Il podcast inoltre può essere fruito da chi si trova a disagio nella lettura come anziani oppure vive difficoltà nell’apprendimento tramite la carta stampata. Una nuova e ricca vena è quella delle favole da bambini: in fondo cos’è il podcast se non un racconto?

Venendo all’ambito di nostro più stretto interesse, l’azienda può usarlo per fare training sia per il personale interno che per i clienti. Altro esempio pratico ce l’ha dato uno degli ospiti in sala, ci ha confidato che preparerà dei podcast per formare la forza vendite sui loro prodotti e che li condividerà tramite il loro canale Telegram. 

La durata è un tema relativo: varia a seconda del tema e della capacità di intrattenere di ciascuno di noi. Si va dai dieci minuti a podcast di un’ora e mezzo. Molti podcast sono sul modello dell’intervista al personaggio famoso, in questo modo si ottiene indirettamente anche l’audience che normalmente segue quell’ospite. Altri sono storie su un personaggio. O hanno un macro tema che fa da filo conduttore lungo tutte le puntate. Tendenzialmente non c’è musica, perché servirebbe la licenza SIAE APOD

Ma all’atto pratico cosa serve per creare il proprio podcast? A livello di tecnologia l’investimento è minimo: un PC/Mac, un paio di cuffie, un microfono USB a condensatore a cardioide con un ragno per tenerlo fermo, un filtro anti-pop per pulire il suono, software per registrare (Audacity, GarageBand per Mac, Adobe Audition). Dopo la produzione il podcast va caricato su una piattaforma di diffusione. Per i principianti consigliamo Spreaker che ha una certa facilità di utilizzo e integra tanto le funzioni di editing che di hosting, inoltre sarà poi possibile distribuirlo su altre piattaforme. Basta aggiungere poi una breve descrizione ottimizzata lato SEO e dei link, se previsti. È possibile monetizzare in modi diversi: link affiliate, promozioni all’interno del podcast, branded podcast (prodotti dal marketing interno all’azienda o tramite agenzia esterna), ecc. Un modo veloce per iniziare è registrare il testo dei vostri post, così da raggiungere chi non ama leggere lunghi post da mobile. 

Non ultimo, per provare in prima persona, abbiamo preso parte a una puntata speciale di Buzzword a tema “Cult” registrata nello studio radiofonico di Radio Cult e ascoltabile qua.

Cosa state aspettando? Provate anche voi la favolosa esperienza del podcast! 

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